Cloni e bug | Dudeletter 014
Dove si parla di Chrome conteso, social pieni di doppioni e startup che monetizzano la fede.
Ciao,
stai iniziando a leggere l’uscita numero quattordici di Dudeletter, una newsletter la cui storia ormai abbraccia due pontificati. Di che si parla da queste parti? Di design, intelligenza artificiale, social network e piattaforme digitali; insomma, tutto ciò che seguiamo per passione, ma anche per lavoro.
Il processo a Google per violazione delle norme antitrust ha ormai una cronistoria piuttosto corposa, e tra i suoi possibili esiti si parla molto della possibilità di un obbligo a cedere Chrome, il browser più usato al mondo.
Il bottino è ghiotto, e fa gola in particolare a OpenAI. Tutte le intelligenze artificiali sono affamate di dati, e in questa fase interessano in particolar modo quelli in tempo reale, per arrivare a sostituire una volta per tutte i motori di ricerca. Un browser inoltre è un ottimo punto di partenza per gli agenti AI che prima o poi navigheranno il web non più solamente per estrarre informazioni, ma anche per fare acquisti e prenotazioni per conto degli utenti, come dei veri assistenti personali. Per questo stesso motivo Perplexity ha da tempo in cantiere il browser Comet.
Skype non c’è più, ma vive ancora nei nostri ricordi.
Da quando esiste ChatGPT, il mondo universitario non è più lo stesso.
TikTok sta cambiando l’industria musicale, e non per il meglio.
Come nasce la parola “bug” in riferimento a un difetto nel codice di un programma che causa un errore durante la sua esecuzione? Forse anche tu conosci l’aneddoto secondo il quale la sua origine risalirebbe a quando Grace Hopper, nel 1947, trovò una falena all’interno del computer Harvard Mark II. Viene riportato spesso perché nella stessa storia ci sono: una spiegazione per uno dei termini più curiosi e popolari in ambito informatico, un’autentica pioniera della programmazione, e un computer con un’estetica pazzesca.
Il caso inoltre è documentato in maniera sorprendente: esiste una foto della falena in questione!
Sembra tutto troppo bello per essere vero, e infatti è probabilmente falso: non fu Grace Hopper a trovare e riportare il bug, e tantomeno a coniare il termine; e non è quella la sua origine, come del resto si intuisce dalla frase “first actual case of bug being found”, che scherzosamente gioca con un doppio senso già in uso, riferendosi al fatto di averne fisicamente trovato uno per la prima volta.
In India sono più di 950 le start up tecnologiche che puntano a monetizzare la fede.
Anche tu tendi a parlare con l’intelligenza artificiale come faresti con un amico? In un settore che si evolve rapidamente, è meglio riconsiderare le proprie abitudini di continuo. Ad esempio presumere di trovarsi sempre in uno spazio privato ha portato molti utenti a condividere per sbaglio le proprie conversazioni sulla nuova app Meta AI. Anche attribuire un elevato livello di oggettività alle risposte fornite è un errore, perché internet si sta riempiendo di notizie false che fungono da esche per le IA.
I suoi ultimi modelli reasoning, come o3 e o4-mini, sono più propensi alle allucinazioni dei precedenti, e OpenAI non sa perché.
I social network sono ormai pieni di cloni, doppioni, copie praticamente indistinguibili dagli originali, come in un film di David Lynch.
Precisamente, l’arte creata con l’intelligenza artificiale in cosa differisce da quella umana?
Un, due, tre
Un libro: Jorge Luis Marzo, Le veggenti
Jorge Luis Marzo analizza il problema politico ed estetico legato alle immagini meccaniche e ai modelli di comportamento che configurano, esplorando le modalità con cui le macchine, assimilato il linguaggio delle profezie antiche, stanno trasformando la nostra percezione della realtà. Puoi leggerne un estratto qui.
Un reel
Un sito
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